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LE IMMISSIONI ACUSTICHE E IL DIRITTO AD UNA NORMALE QUALITA’ DELLA VITA.

LE IMMISSIONI ACUSTICHE E IL DIRITTO AD UNA NORMALE QUALITA’ DELLA VITA.

IL CASO.

Una coppia conveniva in giudizio una associazione sportiva dilettantistica, dolendosi delle intollerabili immissioni acustiche emesse nel corso di manifestazioni sportive e ricreative organizzate dalla convenuta, su concessione del Comune, negli spazi adiacenti alla propria abitazione, nel corso del mese di luglio di ogni anno, dal 2005.

Gli attori specificavano, altresì, che nel corso dei suddetti eventi, tenuti in orario serale e notturno, l’affollamento dei visitatori richiamati dalle manifestazioni sportive generava immissioni sonore intollerabili, idonee a condizionare la tranquillità della vita domestica e concludevano, pertanto, per la condanna della associazione organizzatrice degli eventi al risarcimento dei danni patiti a causa delle immissioni intollerabili (a titolo di danno biologico, esistenziale e da svalutazione del valore dell’immobile).

La convenuta, per contro, contestava, tra l’altro, che le immissioni oggetto di causa superassero la soglia di tollerabilità.

Con sentenza del 5 luglio 2017, il Tribunale di Como rigettava la domanda, dopo approfondita valutazione delle circostanze di fatto, considerando, in particolare, che gli eventi oggetto di causa erano “limitati ad un arco temporale estremamente ristretto” (l’intero mese di luglio di ogni anno dal 2005: nel fine settimana, con orario serale limitato entro la mezzanotte; durante la settimana, con orario serale limitato entro le ore 23:00) e che l’afflusso del pubblico risultava naturalmente contenuto dalla rilevanza locale degli eventi sportivi.

Tali elementi di fatto, sempre secondo il Tribunale di Como, davano ragione della infondatezza della domanda attorea, tenuto conto del fatto che il favorevole clima estivo e le giornate con più ore di luce “facilitano ed incentivano lo svolgimento di simili attività ludico-ricreative praticate all’aperto, secondo ormai radicati e diffusi comportamenti sociali, come dimostrato anche dall’ulteriore circostanza, dedotta dalla stessa parte attrice, che la festa dello sport si svolge nel Comune di [omissis] tutte le estati a partire da almeno il 2005 (addirittura da tempo anteriore secondo la parte convenuta)”.

La pronuncia di merito appena citata si pone in aperto contrasto sia con l’orientamento adottato sul punto dalla Suprema Corte, sia con le statuizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in Europa l’inquinamento acustico è la seconda causa di patologie dovute a fattori ambientali, preceduta soltanto dall’inquinamento atmosferico». Infatti, l’art. 8 della Cedu protegge, secondo la Corte di Strasburgo, non solo il diritto alla protezione dell’area fisica, ma anche il diritto al tranquillo godimento della dimora: sicché devono essere considerate condotte lesive del “diritto al rispetto della vita privata e familiare” non solo l’accesso non autorizzato agli spazi di privata dimora, ma anche le immissioni di rumore, di odori e le altre forme di interferenza nel godimento.

Anche le Sezioni Unite, nel 2017 (sentenza n. 2611), hanno ribadito l’obbligo di interpretazione conforme alla Cedu, affermando che “il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 Cedu, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi”.

Del resto, l’apertura personalista della tutela offerta dall’art. 844 c.c. discende dalla circostanza che il fondo, se per il codice civile è una mera res, per la Costituzione è un luogo di esercizio della libertà di domicilio (art. 14 Cost.), un essenziale momento della “proiezione spaziale della persona”. E, così, l’art 844 c.c. ha potuto concedersi, sebbene dopo un lungo corteggiamento, alla tavola dei valori costituzionali.

È consolidato orientamento della Suprema Corte quello secondo cui sussistono due livelli di tutela a fronte delle immissioni acustiche (un regime pubblicistico, che tutela la quiete pubblica, e un regime civilistico, che tutela i rapporti tra privati, dettato quest’ultimo dagli artt. 844 e 2043 c.c.), ma che l’eventuale rispetto dei limiti posti della normativa pubblicistica non fa venir meno l’illiceità dell’immissione ex artt. 844 e 2043 c.c.: “il superamento della soglia codicistica di tollerabilità delle immissioni ben può essere riscontrata pur nell’accertato rispetto dei limiti di cui alla normativa tecnica” (Cass. Civ., Sez. III, 16.10.2015, n. 20927).
Ancora più chiaramente, altro arresto dello stesso anno afferma: “in materia di immissioni, mentre è lecito il superamento dei livelli di tollerabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell’interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c.” (sent. 8474/2015; conforme Cass. 16074/2016).

Dunque, in breve, la giurisprudenza di legittimità distingue le immissioni in re ipsa illecite, quando siano oltre la soglia prevista dalla normativa tecnica, dalle immissioni intollerabili ex art. 844 c.c., perché lesive, in concreto, del diritto ad una normale qualità della vita.
Insomma, la Suprema Corte mostra di assegnare al giudice del merito un ruolo di tutela, in concreto, dei diritti degli individui alla qualità della vita e non delle esigenze della produzione, in quanto quest’ultimo contemperamento è già espresso in leggi speciali, come quelle che stabiliscono i limiti di soglia; che il giudice di merito può, appunto, superare solo per affermare che, nonostante il rispetto delle soglie tecniche legislative e regolamentari, l’immissione è comunque intollerabile.

Quanto, nello specifico, al contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, tenuto eventualmente conto della priorità di un determinato uso, la Suprema Corte ha già indicato un criterio guida, cui orientare il prudente apprezzamento del giudice del merito, chiarendo che “(…) il limite della tutela della salute e dell’ambiente è da considerarsi ormai intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata dei beni protetti dall’art. 844 c.c., dovendo considerarsi prevalente rispetto alle esigenze della produzione il soddisfacimento del diritto ad una normale qualità della vita”.
Sul piano strettamente normativo, l’evocata formula del cit. art. 844 c.c. è stata derogata, limitata e circoscritta dalla successiva normativa speciale, frutto di sopravvenute esigenze e di maturate consapevolezze rispetto ai remoti e oscuri tempi di redazione del codice civile.
Per la Suprema Corte, “il contemperamento delle esigenze della produzione assume rilevanza soltanto al fine di adottare quei rimedi tecnici che consentano l’esercizio dell’attività nel rispetto del diritto dei vicini a non subire immissioni superiori alla normale tollerabilità”.
In effetti, l’iniziativa economica privata, giusta l’art. 41, comma 2, Cost., “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

In un caso deciso di recente, la Suprema Corte afferma che “Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale”.
Le abitudini degli abitanti si oggettivano, insieme alle caratteristiche della zona, nella specifica situazione ambientale, allo scopo di misurare la rumorosità di fondo, cui parametrare l’incidenza della fonte di disturbo oggetto del giudizio di tollerabilità. La dimensione sociale è, in questo modo, adeguatamente valorizzata senza, però, alimentare il rischio di degenerare in una progressiva erosione dei livelli di vivibilità.
Infatti, secondo la Suprema Corte, “al fine di stabilire la tollerabilità delle immissioni occorre fare riferimento alla condizione del fondo che subisce le immissioni e non certo al fondo che le emette (…), dovendo qui peraltro osservarsi che non potrebbe certo adottarsi quale parametro per determinare il valore del rumore residuo quello risultante dall’attività che è la fonte dell’inquinamento”, in quanto – evidentemente – il soggetto esposto al rumore è particolarmente sensibile alle variazioni delle condizioni preesistenti, prodotte dalla sorgente specifica causa del disturbo, più di quanto non lo sia rispetto al livello assoluto del rumore.

Avv. Brigida Zanconi

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