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FRASI OFFENSIVE DELL’AVVOCATO? PRONUNCIARLE NEL CORSO DELL’ATTIVITA’ DIFENSIVA E’ UN’AGGRAVANTE

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FRASI OFFENSIVE DELL’AVVOCATO? PRONUNCIARLE NEL CORSO DELL’ATTIVITA’ DIFENSIVA E’ UN’AGGRAVANTE

1.FRASI OFFENSIVE DELL’AVVOCATO IN UN ATTO GIUDIZIARIO.

Cass. SS.UU. n. 4994/18 del 02/03/18

L’Avvocato Tizio, coinvolto in un procedimento penale in qualità di imputato insieme alla moglie, aveva redatto un atto difensivo dai toni aspri e offensivi nei confronti della persona offesa Caia, con cui da tempo era sorto un rapporto conflittuale, a partire da un procedimento di sfratto per morosità.
All’interno dell’atto, si potevano riscontrare una serie di frasi denigratorie, fra cui la seguente: “chi ha un male incurabile non sopravvive sette anni e non si presenta in tutti i giudizi così accesa e pimpante a perorare la sua causa, perché non ne avrebbe le forze, ma si prepara ad affidare l’anima a Dio, confidando nel suo generoso Perdono”.

Da qui, il procedimento disciplinare a carico di Tizio dinanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, che all’esito, gli irrogava la sanzione della censura per aver utilizzato, in un atto giudiziale, espressioni offensive e denigratorie nei confronti di Caia; decisione poi confermata dal Consiglio Nazionale Forense, che rigettava l’impugnazione di Tizio, il quale, da ultimo, ricorreva per Cassazione affidandosi ad un solo motivo.

1.1. L’AVVOCATO INVOCA LA SCRIMINANTE EX ART. 51 C.P.

Nello specifico, il ricorrente assumeva che la condotta censurata in ambito disciplinare, era stata commessa nell’esercizio del diritto di difesa, dovendosi ad essa applicare la scriminante dell’art. 51 c.p., riguardante, appunto, l’esercizio di un diritto, al fine di escluderne la punibilità.

1.2. LA DECISIONE DELLA CORTE.

La Corte, tuttavia, ha respinto la tesi di Tizio, avallando le pronunce rese dagli organi disciplinari che avevano correttamente richiamato l’art 5 del previgente Codice Deontologico, nella parte in cui si imponeva all’avvocato di ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro, anche al di fuori dell’ambito professionale.
Viene poi in rilievo l’attuale art 63, 1° co. del Codice Deontologico, che prescrive una generale regola di condotta dell’avvocato nei rapporti interpersonali, improntata agli stessi doveri di dignità e decoro, all’uopo necessari per non compromettere l’affidamento dei terzi.
Da questi principi si perviene all’importante conclusione che la qualità dell’avvocato, lungi dall’essere un attenuante del comportamento posto in essere da Tizio, costituisce semmai una aggravante del comportamento deontologico scorretto.
Se le offese gratuite alla controparte non sono ammesse in un ambito diverso da quello professionale, a maggior ragione andranno censurate nel caso in cui l’avvocato violi gli obblighi di probità dignità e decoro nell’esercizio del suo ministero.

Avv. Andrea Baldrati

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