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ASSICURAZIONE E DANNI: SUB-AGENTE E RAPPRESENTANZA

ASSICURAZIONE E DANNI: SUB-AGENTE E RAPPRESENTANZA

IL SUB-AGENTE NON E’ IL RAPPRESENTANTE DELL’IMPRESA DI ASSICURAZIONE. QUALI RICADUTE PRATICHE?


Cass. civile sez. III, 23/06/2017, n. 15645.

Il contratto di subagenzia si distingue da quello di agenzia, posto che il subagente promuove la conclusione di contratti di assicurazione solo per conto dell’agente e non dell’impresa assicuratrice; corollario di tale principio è la mancanza, in capo al sub-agente, del potere rappresentativo dell’impresa assicuratrice, ad eccezione dell’ipotesi in cui che quest’ultima non attribuisca direttamente al subagente tale facoltà.
Quelli appena menzionati sono alcuni interessanti principi di diritto adottati dalla Terza Sezione civile della Suprema Corte che, con una sentenza dello scorso giugno, ha cassato con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Roma.
Il caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di legittimità riguarda la richiesta di restituzione di un premio assicurativo, corrisposto da Tizio al subagente Caio per una polizza rivelatasi, in seguito, inesistente.
La domanda era stata accolta in primo grado e, a seguito di gravame, riformata dalla Corte Territoriale, che era approdata alle seguenti conclusioni:
– il soggetto falsamente rappresentato dal subagente Caio doveva essere individuato nella compagnia di assicurazioni e non nell’agenzia Zeta;
– Tizio non aveva offerto la prova della natura incolpevole dell’affidamento e si era, anzi, mosso in modo poco prudente, pagando il premio assicurativo in contanti anziché mediante mezzi tracciabili.
La Cassazione, in accoglimento del primo motivo di ricorso depositato da Tizio, ha chiarito i tratti distintivi del contratto di agenzia e di quello di subagenzia: nel contratto di agenzia il preponente è l’impresa di assicurazione; in quello di subagenzia, invece, è l’agente.
La Corte d’Appello aveva evidentemente omesso di considerare che il rapporto intercorre soltanto tra il preponente agente ed il subagente, cosicché resta esclusa l’applicazione delle norme relative all’esercizio del potere rappresentativo con efficacia nei confronti dell’impresa assicuratrice (artt. 1745 e 1903 c.c.), ad eccezione dell’ipotesi in cui la compagnia non attribuisca tale facoltà direttamente alla persona del subagente.
L’indagine doveva essere rivolta a verificare se la situazione di apparenza venutasi a creare fosse quella del (falso) rapporto di subagenzia o del (falso) rapporto di agenzia; al contrario, è stata erroneamente ritenuta irrilevante la distinzione fra i due rapporti, sulla base del fatto che il soggetto falsamente rappresentato dovesse essere individuato nella società assicuratrice.
L’accoglimento del primo motivo ha determinato, per logica conseguenza, l’assorbimento del secondo, relativo alla mancata conclusione del contratto.
Da ultimo, la Suprema Corte ha accolto anche il terzo motivo di ricorso, con il quale la sentenza di secondo grado era stata censurata, nella parte in cui aveva affrontato la questione dell’affidamento incolpevole, muovendo però da una erronea prospettiva.
I Giudici di merito avevano, da un lato, omesso di verificare se rispondesse al vero la circostanza che Caio facesse uso di modulistica proveniente dall’agenzia Zeta; dall’altro, avevano ritenuto che il pagamento in contanti integrasse un atteggiamento colpevole, non considerando che la condotta assunta da Tizio avrebbe potuto trovare spiegazione nel consolidato rapporto professionale fra lo stesso e l’agenzia Zeta.
In applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha, dunque, accolto il ricorso promosso dal danneggiato, affermando la diretta responsabilità dell’agenzia, di cui il subagente era falso procuratore, anziché dell’impresa assicuratrice.

 

Avv. Brigida Zanconi

 

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