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DIVORZIO: NIENTE ASSEGNO ALLA EX CHE, DA SEPARATA, CONDUCE UNA VITA DIGNITOSA.


DIVORZIO: NIENTE ASSEGNO ALLA EX CHE, DA SEPARATA, CONDUCE UNA VITA DIGNITOSA.

Per la Corte di Cassazione, non è sufficiente il mero divario fra i redditi degli ex per riconoscere il diritto all’assegno divorzile, se la signora ha continuato, dopo la separazione, a condurre un’esistenza dignitosa, senza avere mai percepito alcunché dal marito.

Questa la conclusione alla quale è giunta la Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, pronunciando l’ordinanza n. 30257/2017, con la quale ha respinto il ricorso presentato da una ex moglie.

Il Tribunale di primo grado, dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio fra i coniugi, aveva posto a carico dell’uomo l’onere di versare all’ex moglie un assegno pari a euro 700 mensili.

Tale decisione è stata, poi, ribaltata in secondo grado: la Corte d’appello, infatti, ha ritenuto insussistente il diritto in quanto, essendosi i coniugi separati di fatto nell’anno 1983, a seguito dell’allontanamento dalla casa coniugale della moglie, quest’ultima aveva svolto un’esistenza libera e dignitosa.

Per i Giudici, il mero divario attuale esistente tra le posizione reddituali dei due può costituire un criterio di quantificazione dell’assegno, ma non è sufficiente ai fini della prova del diritto al medesimo. L’ex moglie, infatti, non avrebbe dimostrato l’insussistenza di una situazione patrimoniale adeguata ad un’esistenza dignitosa.

La donna ha deciso di impugnare la revoca dell’assegno dinanzi alla Suprema Corte, contestando la mancata valutazione, in sede di gravame, delle risultanze attinenti allo squilibrio reddituale delle parti, nonché la mancata considerazione della prevalenza dei cespiti e dei redditi del marito, che avrebbero potuto operare come criterio di attribuzione dell’assegno di divorzio.
Ancora, la donna ha lamentato la mancata valutazione delle risorse economiche del proprio ex coniuge e l’omessa considerazione del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio.

Respingendo il ricorso, gli Ermellini hanno ribadito la natura assistenziale dell’assegno post divorzile, condividendo la decisione del giudice a quo di revocare l’attribuzione del medesimo.
Era, infatti, emerso che l’ex moglie, dopo aver abbandonato la casa coniugale, aveva per ben quattordici anni, prima che fosse proposta la domanda di separazione giudiziale, continuato a svolgere la propria attività lavorativa e aveva addirittura acquistato un appartamento da destinare ad abitazione (dando in locazione un secondo immobile di sua proprietà).

La donna, peraltro, non aveva chiesto alcunché per il proprio mantenimento e, difatti, nulla aveva ottenuto in sede di separazione, essendosi accertato che godeva di indipendenza economica idonea a garantirle il tenore di vita fruito in costanza di matrimonio.
Per il Supremo Consesso, in tale situazione, non può assumere rilievo il mero divario economico attualmente esistente tra le parti, trattandosi di criterio che viene utilizzato ai fini della quantificazione dell’assegno solo allorché risultino soddisfatte le ragioni poste alla base del diritto all’attribuzione.

Avv. Brigida Zanconi

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